martedì 15 novembre 2011

Pazienza e Diplomazia


Nella mia provincia si naviga ancora alla vecchia maniera. Nelle trame della sua burocrazia restano impigliate ore preziose di vita trascorse in fila o a compilare scartoffie. Me ne ricordo ogni mese quando vado a prendere le mie scorte e non c’è volta in cui non mi arrabbio per come vanno le cose. Mi armo di molta pazienza e diplomazia tutte le volte ma, quando arrivo a destinazione, tutti i miei sforzi vengono meno: io ritiro i miei presidi presso la farmacia di un ospedale in cui i parcheggi sono rari almeno quanto la cortesia. Se va bene trovo posto sotto il divieto di sosta, diversamente giro e giro e giro finchè non si libera un posto ancora più scomodo e inappropriato che immancabilmente si trova alla fine di una discesa ripidissima e dissestata. Non c’è alternativa neanche a pagamento perché io sarei ben disposta a pagare pur di non incappare in seri e zelanti vigili inseparabili amici di autisti di carro attrezzi. Arrivo in farmacia e in un corridoio molto trafficato, trovo sempre file di persone ad attendere dietro ad una finestrella, mentre privacy e buon senso passeggiano a braccetto altrove. Attendo il mio turno in piedi perché le uniche tre sedie a disposizione vanno giustamente riservate a chi ha più bisogno di me e intanto è passata un’ora. Arriva il mio turno, devo aspettare che l’addetto faccia una fotocopia della mia pratica e quindi sperare che la fotocopiatrice funzioni e auspicare che si sia allenato nella maratona perché povero lui la macchina si trova in un’altra stanza ma deve essere una stanza molto grande e affollata perché tarda sempre molto e quando torna la fa con l’aria stanca di chi ha davvero faticato molto. E poi finalmente i miei presidi.. forse. Sì forse, perché dopo tutto questo c’è sempre il rischio in agguato che giusto i miei modelli siano finiti inaspettatamente qualche ora prima e allora mi toccherà tornare la settimana successiva e sperare che la pazienza e la diplomazia abbiano avuto tempo a sufficienza per rigenerarsi.


giovedì 10 novembre 2011

Prendere il meglio


Sono partita da molto lontano per raccontare di me. Sono passata da molti stati angoscianti e tristi e non ho voluto tralasciare niente affinché chi mi leggesse potesse avere un quadro completo. Se io raccontassi solo di quanto sto bene, di com’è bella la mia vita, di come poco influisce la stomia nelle mie scelte forse non solo non servirebbe a nessuno ma soprattutto non darebbe un quadro completo e reale della situazione. Questa condotta, tuttavia, sembra rendermi talvolta incongruente secondo quanto emerge dai commenti di alcuni amici lettori che credono che dietro al mio riservo sulla stomia ci sia in fondo una non completa accettazione della stessa. Secondo me dire o non dire alle persone che ci circondano di essere stomizzati in fin dei conti è una scelta personale che si nutre dei principi e delle convinzioni con cui ognuno di noi è cresciuto e che prescinde dall’accettazione o meno di questa condizione. Io custodisco il mio segreto perché non voglio trattamenti di riguardo, cosicchè chi si accosta alla mia vita possa farlo decidendo sulla base di quello che sono e non per quello ho! Attraverso ancora una fase della mia vita in cui tutto è un divenire e non essendo ancora nè carne nè pesce, voglio imparare a conoscere me stessa e gli altri a prescindere dal sacchetto che porto e che comunque vivo bene! Questo è il mio punto di vista e lo sottolineo solo per poter mettere in luce la prospettiva di Flavia e Alberto che per certi versi è diametralmente opposta alla mia. Si può non condividere la scelta o non credere nelle mie motivazioni e magari suggerirmi una strada diversa. Si può e spero che ci sia sempre qualcuno che sia disposto a farlo perché dal confronto di esperienze diverse possono nascere soluzioni grandiose. Tuttavia per me è doveroso sottolineare che io qui riporto semplicemente la mia esperienza e per questo non necessariamente appaiabile a quella di un altro stomizzato anzi, direi che è fuori discussione che la mia vita possa assurgere ad esempio assoluto da imitare perché l’esperienza di Flavia e Alberto ci dimostra che esistono molte altre alternative rispetto a quella mia che sono comunque valide e appaganti. Quindi cari lettori prendete il meglio da chi come me, Flavia e Alberto vivono con serenità la condizione di stomizzato e lasciate che il resto scorra in fondo alla pagina come fossero elucubrazioni da tempo libero di una simpatica blogger alle prime armi. ;-)

PS. Potrete leggere i commenti di Flavia e Alberto cliccando sui link posti qui di seguito.




giovedì 3 novembre 2011

Scelte


Nell’agosto 2007 si ammala Papà. La Stomia è nell’aria come un odore delicato ma non costante. Una possibilità che c’è a tratti tra i peggiori auspici che medici scrupolosi sperano di non dover affrontare. Una possibilità, ma non l’unica perché Papà ha un’alternativa e io non mi oppongo, non ho il coraggio di farlo. Per Papà voglio di più forse perché convinta che il massimo non è una vita con la Stomia, non per me.. non ancora! L’intervento sembra riuscito e poi Papà ha una tempra forte e senza lamenti né giudizi in qualche modo torna a vivere. A 2 anni e mezzo di distanza dall’intervento si profila la necessità di scegliere di nuovo. Tutti i medici propongono un intervento di riparazione nel tentativo di recuperare il lavoro fatto ma stavolta smetto di tacere. Papà è d’accordo e così antepongo la mia esperienza di vita con il sacchetto alla professionalità di grandi luminari imponendo loro la Stomia come scelta fatta e indiscutibile. Purtroppo però la convinzione e il coraggio sono arrivati quando ormai per Papà era troppo tardi e le speranze di una vita migliore sono state spente da un soffio d'aria gelida fatta di metastasi, incongruenze e sensi di colpa. È un anno che Papà è andato via e non c’è giorno che sorge al mattino in cui io non desideri tornare indietro e rimediare agli errori fatti perché avrei potuto crederci prima, avrei dovuto essere più scrupolosa e magari captare i segnali e forse Papà ci sarebbe ancora, ma.. Ma fiducia, attenzione e intuito mi appartengono ad intermittenza e perciò credo di non essere stata una buona figlia. Non lo so se un giorno mai riuscirò a perdonarmi per questo, non so neanche se le cose in fondo potevano davvero andare meno peggio di così, ma una cosa la so di certo: lui è stato il Papà migliore che avessi mai potuto desiderare.